Terapie mininvasive locoregionali per il trattamento dell’epatocarcinoma
L’incidenza dell’epatocarcinoma è in costante crescita. I trattamenti locoregionali eseguiti dal radiologo interventista possono avere scopi differenti (palliativi, curativi o bridge per altre cure, quali chirurgia o trapianto) e sono sempre meno invasivi e più efficaci
Salvatore Alessio Angileri, Anna Maria Ierardi, Mario Petrillo, Gianpaolo Carrafiello
ASST Santi Paolo Carlo Presidio San Paolo – Università degli Studi di Milano 1 Radiologia Diagnostica ed Interventistica 2 Direttore Radiologia Diagnostica ed Interventistica, Prof. Ordinario di Radiologia – Università degli Studi di Milano
I l carcinoma epatocellulare o epatocarcinoma (HCC) è il quinto tumore più comune e la seconda causa più frequente di morte correlata al tumore. Rappresenta circa il 90% dei tumori primitivi epatici. L’HCC è comune nei pazienti con fibrosi epatica avanzata o cirrosi da malattia epatica cronica, in particolare con danno epatico causato da infezione da HBV, HCV o abuso di alcol; molto più raro è nei fegati non cirrotici. I pazienti arruolati in un programma di sorveglianza vengono diagnosticati identificando un nuovo nodulo epatico mediante ecografia addominale. Questi pazienti sono generalmente asintomatici e hanno un HCC in stadio iniziale. Viceversa, i pazienti diagnosticati al di fuori della sorveglianza di solito si presentano in stadi avanzati con grandi tumori sintomatici. Una lesione focale epatica in un paziente con epatopatia o cirrosi è fortemente suggestiva per HCC, soprattutto in presenza di elevati livelli di alfa-fetoproteina (AFP). Indagini di II livello come la tomografia computerizzata (CT) e la risonanza magnetica (RM) sono utili nella conferma della diagnosi e nella stadiazione della malattia, al fine di impostare il corretto iter terapeutico. Qualora i dati TC e RM non siano chiari può essere richiesta una biopsia della lesione. Entrano in diagnosi differenziale con l’HCC i noduli rigenerativi della cirrosi, il colangiocarcinoma e le metastasi.
Staging
Sono stati sviluppati molti sistemi di staging per l’HCC, che tengono in considerazione: stadio di malattia e di cirrosi, condizioni cliniche del paziente. Il più utilizzato è riconosciuto in ambito internazionale è il BCLC (Barcelona Clinic Liver Cancer) (figura 1). L’iter terapeutico viene deciso da un team multidiciplinare (epatologo, chirurgo e radiologo interventista) in base alla funzionalità del fegato e allo stadio della neoplasia, considerando il numero di noduli, la localizzazione e l’eventuale diffusione ad altre sedi.
Trattamenti
I trattamenti curativi per l’HCC includono la resezione, il trapianto ed i trattamenti ablativi. Molti pazienti, non trattabili in modo curativo, possono però beneficiare di altri trattamenti a scopo palliativo quali la chemioembolizzazione, la radioemobolizzazione e la chemioterapia sistemica.
Trapianto di fegato
Solo il 5% dei pazienti con HCC sono candidabili a trapianto. A causa della limitata disponibilità di organi questo trattamento è riservato a pazienti che rispondano a rigidi criteri di selezione: tra questi i più utilizzati sono i criteri di Milano (lesione singola ≤5 cm o ≤3 lesioni ≤3 cm) con sopravvivenza a 5 anni >70%. Recentemente nuovi criteri con sopravvivenza paragonabile estendono le indicazioni al trapianto (UCSF – University of California, San Francisco): singola lesione ≤6,5 cm, o 2-3 lesioni ≤4,5 cm ciascuna, con diametro totale del tumore ≤8 cm.
Trattamento ablativo
Il trattamento ablativo è indicato nei pazienti non candidati a chirurgia, con stadio precoce di malattia secondo la classificazione BCLC. I pazienti devono avere un singolo nodulo o solitamente non più di tre noduli <3 cm di diametro ciascuno, senza evidenza di invasione vascolare o diffusione extraepatica, un buon performance status, e cirrosi epatica in classe Child-Pugh A o B. Questi trattamenti possono essere eseguiti per via percutanea o laparoscopica. Mediante il supporto imaging guidato (ecografia e/o CT) il radiologo interventista posiziona l’ago/antenna all’interno della lesione epatica (figura 2). La necrosi cellulare viene ottenuta mediante l’utilizzo del calore o del freddo, con metodiche quali la radiofrequenza, le micronde o la crioablazione. Il radiologo interventista esegue la termoablazione percutanea in sala angiografica con il supporto anestesiologico per la sedazione del paziente. Ad oggi, la letteratura dimostra che in circa il 90% dei tumori con diametro massimo <3 cm si ottiene una ablazione completa, con una sopravvivenza a 5 anni compresa tra il 60% e il 77%. La percentuale di complicanze è molto bassa (<5%).